
Il futuro di Firenze, tra turismo e cultura

FIRENZE – «Il turismo ha dato molto a Firenze, specie all’epoca in cui era un turismo d’élite. Venivano gli inglesi, venivano gli svizzeri, venivano i francesi, venivano i russi come il principe Demidoff. Poi è diventato un turismo di massa con tutti i problemi che questo comporta». Parole di Enrico Nistri, giornalista, storico e scrittore, invitato mercoledì 26 febbraio a parlare sul tema «Firenze, turismo e/o cultura» in un incontro del Rotary Club Firenze Nord presieduto da Carlo Corbinelli.
«Non bisogna comunque dimenticare – aggiunge Nistri – che Firenze oggi è una città che senza il turismo sarebbe in una crisi economica nera. Non lo si può disprezzare, perché Firenze deve vivere. Oggi non avrebbe altre possibilità perché sono state delocalizzate le attività industriali e il resto. Anche Prato ad esempio non se la passa più bene come una volta. Quello che va evitato comunque è il ‘sacco del centro’. Evitare quegli aspetti volgari e direi beceri che poi fanno guadagnare soltanto poche persone».
VOGLIA DI CULTURA
E la cultura? Per Nistri «è lì che Firenze ha perso terreno. C’è stato un tempo in cui Firenze, parlo dei primi anni Ottanta e non di 100 anni fa, aveva case editrici, aveva un settore scolastico molto sviluppato. Oggi si è perso tutto questo purtroppo e non vedo oggi una particolare fioritura della cultura. Che non può essere sostenuta solo dall’economia e dalla volontà politica. È qualcosa che a volte sboccia in determinate circostanze perché c’è un concorso di intelligenze e di passioni, che poi può venire meno. Non faccio profezie. Non credo però che siamo vicini non dico al tempo de La Voce di Prezzolini e delle riviste Leonardo o Lacerba di Papini e Soffici. Ma nemmeno a quello, più felice, delle ultime Giubbe Rosse».
Firenze però non può continuare a vivere solo di passato, gli viene chiesto. «Dovremmo evitarlo – precisa Nistri – ma valorizzare il passato è importante. In fondo la gente viene a Firenze per vedere il Trecento, per vedere il Rinascimento. Non per vedere i quadri di Guttuso. Quindi è giusto valorizzare quello che c’è. Piero Bargellini restaurava i tabernacoli. Tanto per intenderci».