«Qui Mosca, vi parla Piergiorgio Branzi» (FOTO)
FIRENZE – «Qui Mosca, vi parla Piergiorgio Branzi». Negli anni ’60 milioni di italiani hanno sentito questo annuncio alla radio e alla televisione, all’inizio di un servizio giornalistico dalla capitale della (ora ex) Unione Sovietica. Dove la Rai in quel tempo ebbe, unica emittente dell’Europa occidentale, la possibilità di avere un corrispondente fisso. Lo ha ricordato proprio il diretto interessato, ospite mercoledì 13 novembre ad una conviviale del Rotary Club Firenze Nord.
Piergiorgio Branzi, fiorentinissimo – intervistato da Stefano Fabbri già capo redattore dell’Ansa di Firenze – conserva il piglio di un tempo nel raccontare le sue esperienze di testimone sul campo di alcuni degli anni cruciali del mondo nel dopoguerra: la caduta di Kruscev e l’inizio dell’era Breznev.
Branzi (classe 1928 inossidabile) ha portato da Roma un inatteso regalo agli ospiti della serata del Rotary Firenze Nord. Fa proiettare un prezioso reportage che realizzò lui stesso sulla quotidianità moscovita, dove, con ironia tutta toscana, inizia raccontando come uno dei più consueti gesti al mattino fosse quello di «bruciare il giornale la Pravda». Sì, proprio la Pravda, l’organo ufficiale del Pcus. «È l’unico modo, del tutto lecito – commenta Branzi durante il suo servizio – per poter scaldare le serrature delle auto ghiacciate e aprire gli sportelli». Poi aggiunge: «Bisogna sempre pulire la macchina prima di partire. È proibito circolare con l’auto sporca di neve o solo di polvere. Cosa non facilissima considerato che le vetture vengono lasciate in sosta solo all’aperto. Chi contravviene va incontro ad una sicura multa da 1 rublo da parte di qualche solerte vigile al primo angolo di strada».
Tra le immagini che scorrono nel reportage per la c’è anche la lunga fila di moscoviti e non, fermi sotto la neve in attesa di visitare il mausoleo di Lenin sulla piazza Rossa. Accompagnate anche da quelle di tanti cittadini che non vogliono perdersi un tuffo e una nuotata nella Moldava piena di lastroni di ghiaccio. Tutte riprese fatte dallo stesso Branzi. «Far vedere Mosca con gli occhi di un occidentale – commenta sorridendo – era forse meglio che affidarsi ad un cineoperatore del luogo».
Dopo 4 anni, siamo nel 1966, la famiglia Branzi lascia Mosca. Il viaggio di rientro verso l’Italia si svolge in auto, attraverso la Finlandia. L’arrivo al confine dell’Urss avviene nel buio della notte, un quarto d’ora prima di mezzanotte. Un sottufficiale arrabbiato chiede se «è questa l’ora d’arrivare». «Mi stava aspettando con impazienza – racconta – perché doveva chiudere il confine: la seconda potenza del mondo era in attesa che il signor Branzi e signora uscissero per chiudere la porta». Alle loro spalle si chiude un cancello di legno.
Branzi non tornerà più a Mosca. «Mai nessuna nostalgia?» gli chiede il presidente del Rotary Firenze Nord Sandro Addario, al termine della serata. Branzi si ferma, misura il pensiero e le parole. «No. Capitolo chiuso». Già, proprio come le attrazioni fatali che non si dimenticano mai.
[SAdd]
CHI È PIERGIORGIO BRANZI : biografia